«Visto che è l’ultima volta facciamo una foto tutti insieme»: domenica pomeriggio, all’invito al selfie collettivo di Marco Paolini il pubblico ha risposto prontamente alzando le braccia verso il soffitto del teatro che ha visto trionfare l’attore e regista di Belluno con il suo Boomers, applaudito da 7.653 spettatori nell’arco di sette repliche, con una media di quasi 1.100 presenze a rappresentazione. Un successo condiviso da Paolini con Patrizia Laquidara, che nel finale è scesa in platea per intonare “Figli delle stelle” coinvolgendo tutti, e con i tre musicisti – Luca Chiari, Stefano Dallaporta e Lorenzo Manfredini – in scena con loro. Affollato, con tanti giovani seduti anche per terra intorno al tavolo, è stato anche l’incontro di giovedì scorso alla Sala Riccardi, coordinato da Maria Grazia Panigada, Direttrice Artistica della Stagione di Prosa e Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti.

«Il Donizetti è un teatro che ha una crescita esponenziale dei suoi abbonati che chiedono turni di abbonamento in più. E ciò vuol dire che c’è, di fondo, una politica sul territorio fatta bene di cui beneficiamo tutti, anche noi attori», commenta a caldo Marco Paolini, «Il piacere di lavorare per una settimana al Donizetti non è dato solo dal fatto di rappresentare lo spettacolo ma dalla percezione di comunità che c’è intorno al teatro».

«Per me ogni rappresentazione è diversa dall’altra, perché ogni volta si rinnova una sfida. Può capitare che una sera la reazione non arrivi subito, e allora il vecchio capo comico che è in te si protende verso il pubblico per cogliere le sfumature, i segnali», aggiunge Paolini, «Ma si deve evitare di esercitare il controllo, bisogna lasciarsi andare e aspettare che scatti il feeling. E quando alla fine di ogni replica, come è avvenuto qui a Bergamo, senti il calore del pubblico, vuol dire che quello che hai raccontato è arrivato ed è servito».