

Prometeo
Prometeo indaga il senso profondo dell’opera di Eschilo: ruba a Eschilo il fuoco della sua tragedia per donarlo al pubblico.
L’obiettivo è “calarsi” nel sentimento tragico che l’opera propone, elaborando una lingua che preservi la “solennità” dei millenni rendendo comprensibile il senso al pubblico di oggi.
Protagonista dello spettacolo è un gruppo di giovani attori, diplomati alla Scuola del Teatro Stabile di Torino. Il nome che si sono dati è Potenziali Evocati Multimediali (un’analisi neurologica che calcola il tempo di reazione dei nervi periferici agli impulsi cerebrali). Un gruppo di ragazzi, perché la tragedia racconta un tempo giovane.
La sfida registica, quindi, è quella di plasmare, anche se nel caso di Prometeo sarebbe meglio dire “forgiare”, i corpi in modo che sappiano esprimere il sentimento tragico. La regia di Gabriele Vacis – un percorso creativo condiviso con tutti gli attori – lavora, contestualmente, su parole, azioni fisiche, musiche e allestimento scenico. Perché la parola non è l’unico strumento utile all’evocazione di un sentimento. Componenti irrinunciabili all’espressione del sentimento tragico sono la musica, il gesto, il movimento. Se la tragedia di Eschilo scava alle radici del coraggio, lo spettacolo mette in scena la paura e il coraggio di affrontarla. La ribellione alla paura nelle parole di Eschilo, che attraversano i corpi dei giovani attori in scena.
Prometeo è l’archetipo della conoscenza, liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza. Ed è il simbolo della ribellione. È un personaggio che i giovani amano, perché non riesce a contenere i suoi sentimenti e sfida l’autorità costituita valicando i recinti delle convenzioni.
Si è soliti dire che i classici sono attuali. In realtà sono contemporanei. Attualità e contemporaneità, infatti, non sono sinonimi. Attualità è stare in un solo tempo: adesso. Contemporaneità è riuscire a comprendere tutti i tempi. Ed è questo che fa Prometeo.
Nella mitologia greca, la storia più accreditata sulla nascita dell’uomo vede gli dei sconfiggere i loro antenati, i titani, e Zeus divenire il re degli dei con l’aiuto di
Prometeo. Prometeo, figlio di un titano, è quindi un giovane che si ribella ai genitori. Ed è a lui che gli dei affidano l’incarico di creare l’uomo.
Siamo all’inizio. È un tempo giovane, fatto di aspettativa e di desiderio. La tragedia di Eschilo coglie il momento successivo all’alleanza, quello del conflitto tra
Zeus e Prometeo. Quando Zeus scopre che il figlio del titano gli ha rubato il fuoco – la tecnica, la scienza – per donarlo agli uomini, si sente tradito e lo punisce
incatenandolo a una rupe, ai confini del mondo, il fegato (che la notte ricresce) divorato ogni mattina da un’aquila.
Prometeo è l’archetipo della conoscenza, liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza. Ed è il simbolo della ribellione. È un personaggio che i giovani amano, perché non riesce a contenere i suoi sentimenti e sfida l’autorità costituita valicando i recinti delle convenzioni.
Si è soliti dire che i classici sono attuali. In realtà sono contemporanei. Attualità e contemporaneità, infatti, non sono sinonimi. Attualità è stare in un solo tempo:
adesso. Contemporaneità è riuscire a comprendere tutti i tempi. Ed è questo che fa Prometeo.
Gabriele Vacis (Settimo Torinese, 1955), fondatore del Laboratorio Teatro Settimo e dell’Istituto di Pratiche teatrali per la Cura della persona, ha scritto e diretto numerosi spettacoli, fra cui La storia di Romeo e Giulietta (Premio Ubu 1992), Il racconto del Vajont (Premio Ubu 1994), Novecento, Zio Vanja, Adriano Olivetti, Rusteghi. I nemici della civiltà, Amleto a Gerusalemme, per citarne soltanto alcuni. Insieme ad Alessandro Baricco ha realizzato la celebre trasmissione di Rai 2 Totem (1998). Già direttore artistico del Progetto TAM – Scuola per attori del Palestinian National Theatre di Gerusalemme e docente di regia alla Scuola “Paolo Grassi” e all’Università Cattolica di Milano, è direttore della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino.