Il Teatro della Società, questo era il nome originario, aprì i battenti nella stagione di Carnevale del 1809. Nacque sull’onda di una competizione tra città alta e città bassa: avrebbe dovuto rivaleggiare con il Teatro Riccardi (l’attuale Teatro Donizetti) per restituire alla città alta quella supremazia che il nuovo teatro di città bassa le insidiava. Fu costruito grazie all’interessamento di 54 nobili bergamaschi, rappresentanti delle famiglie più in vista della Città. Una ventina di loro possedeva un palco anche al Teatro Riccardi, ma una vertenza con l’impresario li spinse a costruirne direttamente uno per loro.
Il 3 marzo del 1803 si procedette alla stesura di un documento a cura del notaio Tiraboschi, nulla fu lasciato al caso e tutto fu messo su carta bollata. Promotore pare essere stato il Conte Vailetti. Il progetto prevedeva tre ordini di palchi e un loggione; ci sarebbero stati anche una biglietteria, una sala da caffè, una stanza delle riunioni dei soci, una o due sale di Ridotto utili all’accoglienza del pubblico nelle pause degli spettacoli. La quota prevista per ogni socio fu di 5.000 lire che, moltiplicata per 54 soci, arrivava a 270.000 lire, da pagarsi in due rate. Pochi mesi dopo, nel 1804, presero il via i lavori. Il Sociale non era il primo teatro di Città Alta, era tuttavia l’unico ad essere costruito in muratura.
L’inaugurazione avvenne il 26 dicembre 1808 con l’opera Ippolita regina delle Amazzoni, commissionata appositamente a Stefano Pavesi. Qualche giorno dopo sarebbe stata la volta di Ginevra di Scozia di Giovanni Simone Mayr. Un bel cartellone che, naturalmente, alimentava la rivalità con il Teatro Riccardi.
A memoria di quella serata resta ancora un manifesto con decreto prefettizio emesso per l’occasione in cui si ordinava che le carrozze, sia provenienti dai borghi che da Città Alta, compissero un percorso ben preciso per evitare ingorghi. Si decise inoltre che il portico del Palazzo della Ragione restasse a disposizione dei mezzi per la sosta temporanea fino a fine spettacolo. Quella sera centinaia di candele misero in risalto le decorazioni.
Il Teatro Sociale fu attivo, con alterne fortune, fino agli anni Venti del Novecento. Le sorti successive furono un riflesso del declino di Città Alta come centro propulsore della vita sociale e culturale di Bergamo. Il restauro e il recupero del teatro alla destinazione originaria attestano oggi una nuova centralità di Città Alta, e l’ormai raggiunta integrazione di entrambe le entità cittadine: la città antica e i borghi cresciuti alle sue falde.