Caricamento Eventi

LA LEGGENDA DEL SAGGIO ARTABAN
Il quarto Re Magio

Racconto musicale natalizio per coro di Voci Bianche, Soprano, Mezzo Soprano, Voce Recitante e piccola Orchestra da Camera
Musica di Domenico Clapasson
Libretto di Ottavio de Carli

1 – UNA STELLA CHE APPARE
Si chiamava Artaban, ma tutti lo chiamavano “il Saggio”. Non era vecchio, ma sembrava comunque segnato dall’esperienza. Dal suo sguardo traspariva una capacità di penetrare le cose e una bontà di spirito davvero fuori dal comune: i suoi occhi luminosi comunicavano sensibilità, ma anche una forte volontà e una continua attenzione per ciò che lo circondava. Era un uomo rassicurante.
Viveva nella città di Ecbatana, fra le montagne della Persia, nei giorni in cui Cesare Augusto era signore di molti re ed Erode regnava a Gerusalemme.
Artaban osservava a occidente la stella che già brillava nel crepuscolo, e meditava. Ritto sulla soglia della porta di casa, attendeva il ritorno del suo servitore Astiage, che gli avrebbe portato missive importanti riguardo a quell’eccezionale evento astronomico.
Chi l’avesse osservato, non poteva aver dubbi sulla sua identità: portava una lunga tunica di seta ricamata, l’abito degli antichi sacerdoti che adoravano il Fuoco e la Luce: …i Magi.

2 – SAPIENTI D’ORIENTE
I Magi avevano concordato che quella stella era un segno divino. Le stelle, dicevano, sono i pensieri dell’Eterno e Ahura Mazda, lo “Spirito che crea con il pensiero”, con quella nuova luce aveva voluto indicare al mondo una nuova verità.
Era buona cosa andare a rendere omaggio e adorare quel divino Re, anche se ciò significava intraprendere un lungo viaggio verso occidente. Alla data stabilita i Magi si sarebbero trovati presso l’antico Tempio delle Sette Luci a Borsippa, presso Babilonia, e da lì sarebbero partiti insieme in un’unica carovana diretta a Gerusalemme.
Artaban non aveva perso tempo e si era preparato al viaggio. Aveva venduto i suoi possedimenti e aveva comprato tre magnifici gioielli – uno zaffiro, un rubino e una collana di magnifiche perle – per portarli come tributo al Re.
Era ormai l’alba quando, nascoste le preziose gemme tra le pieghe della cintura, chiese ad Astiage di bardare il suo cavallo migliore, la bianca e veloce Shalimar. Scrutò ancora una volta quel segno luminoso che brillava nel cielo limpido e terso, risaltando su tutte le altre stelle come se volesse richiamare su di sé l’attenzione dell’intero universo, e montò in sella. “Il Principe della Luce viene e io vado a incontrarlo.

3 – GALOPPA, SHALIMAR!
Il galoppare nell’aria puntente del mattino lo rendeva felice! Attraversò le rocciose pendici dell’Oriente, poi le vaste pianure di Nisene, i fertili campi di Concabar, le oscure Porte di Zagro, le acque turbinose del Tigri e tranquilli canali dell’Eufrate, e dopo essersi lasciato alle spalle le antiche città di Baghistan e di Seleucia, giunse infine nella grande metropoli di Babilonia.
Borsippa non era lontana, e il Tempio delle Sette Luci era ormai a poche ore di cammino.
Shalimar era esausta, e Artaban rallentò: vi era l’agio per arrivare in tempo all’appuntamento prefissato con gli altri Magi.
Procedento nell’incolta pianura, giunsero in un luogo ombroso, selvaggio e desolato; qui il bianco destriero si fermò davanti a una sagoma scura e informe. Artaban smontò e vide che si trattava di un unomo disteso in mezzo alla strada. Era moribondo, e le vesti stracciate lo presentavano come un miserabile pezzente, uno dei poveri ebrei esiliati che ancora dimoravano nei dintorni.

4 – IL MISERO EBREO
Artaban si fermò in quel luogo alcuni giorni per curare il povero ebreo. Più volte pensò che in quel modo aveva perso l’appuntamento con gli altri Magi, ma non avrebbe potuto fare diversamente.
Poi, quando l’uomo si fu sufficientemente ripreso, tornò a Babilonia, vendette una delle tre gemme che aveva nella cintura e con il ricavato comprò cibo, medicinali e vesti decorose per far si che egli potesse guarire completamente e vivere con dignità.
Gli chiese allora l’Ebreo: “Chi sei tu, e perché mi hai riportato alla vita?”
Rispose Artaban: “Io sono Artaban il Medo, della città di Ecbatana, e vado a Gerusalemme in cerca di uno che sta per nascere e che sarà il Principe e Liberatore di tutti gli uomini”. L’Ebreo levò allora le sue mani tremanti al cielo e ringraziandolo lo benedisse.

5 – BENEDIZIONE
L’Ebreo ringraziò ancora colui che lo aveva soccorso, e gli disse: “Io non ho nulla da darti in cambio, ma voglio rivelarti che i nostri profeti hanno detto che Colui che chiamano il Messia non nascerà in Gerusalemme, ma in Betlemme di Giudea. Possa il Signore condurti salvo in quel luogo poiché hai avuto pietà di me”. Quando finalmente Artaban partì, il Principe e Liberatore di tutti gli uomini era ormai nato, e giaceva nella mangiatoia di una stalla.

6 – NEL SILENZIO DELLA NOTTE
Giorni e giorni cavalcò ancora Artaban per raggiungere Betlemme di Giudea. Si aggregò a carovane di mercanti per attraversare le assolate ondulazioni del deserto e le inospitali lande rocciose. Di giorno procedeva sotto un’opprimente calura; di notte l’aria tersa sotto le stelle diveniva di un freddo intenso. Ma non si perdeva d’animo e mentre cavalcava cercava di immaginare quel solenne momento in cui si sarebbe prostrato davanti al Principe della Luce, l’avrebbe adorato, e gli avrebbe donato le due preziose gemme rimaste. Attraversò senza sosta i giardini della favolosa Damasco, le oscure foreste di cedri dell’Hermon, le fiorite valli del Giordano, costeggiando le azzurre acque del lago di Galilea; perfino la santa città di Gerusalemme attraversò senza curarsi del suo tempio e dei suoi mercanti, perché aveva fretta di raggiungere Betlemme e il nuovo Re che vi era nato.

7 – GALOPPA, SHALIMAR!
Quando giunse al villaggio era sera, l’oscurità stava per avvolgere le case e i vicoli; l’inverno si faceva sentire su quelle terre di montagna, e Artaban doveva cercare un riparo per la notte. Bussò alla porta di un’umile casa: una giovane madre aprì, con il bimbo in braccio. Rassicurata dai suoi modi gentili, lo accolse, gli offrì un frugale pasto e un giaciglio per dormire.
Lui le spiegò che era giunto nella città di David per incontrare il nuovo Re che vi era nato. Rebecca – così si chiamava la giovane madre – lo informò che già altri sacerdoti stranieri erano giunti portando ricchi doni a un bambino, che tuttavia non era figlio di re, bensì di un povero falegname e della sua giovane sposa; e che il neonato aveva visto la luce in una misera stalla. “I sacerdoti stranieri sono rapidamente ripartiti così come sono venuti, e anche il falegname ha lasciato Betlemme con la sua famiglia, senza far parola ad alcuno. Nel villaggio corre voce che si sono uniti a una carovana che andava nel grande Egitto…”
Quella notte Artaban ebbe un sonno convulso. Avrebbe tanto voluto incontrare quel misterioso Principe della Luce, ma aveva mancato per poco l’appuntamento. L’indomani sarebbe ripartito per inseguirlo fino in Egitto, o in capo al mondo se necessario.
Mentre il saggio dormiva profondamente e la notte avvolgeva ogni cosa, la giovane madre si interrogava su quali prodigiosi eventi potessero attrarre quei nobili sapienti in un piccolo sperduto villaggio di umili pastori.

8 – LA PREGHIERA DI REBECCA
Il mattino seguente l’intero villaggio fu risvegliato da grida concitate e spaventate. “I soldati, i soldati di Erode!!!” si sentiva tra le case e nei vicoli, mentre una rozza soldataglia aggrediva brutalmente i poveri abitanti disarmati. “I bambini!!! Uccidete i bambini!!!” gridava il comandante di quel manipolo assatanato di soldati presi da uno strano e inspiegabile furore. E gli uomini obbedivano con cieca violenza, strappando i pargoletti dalle braccia delle madri e passandoli a fil di spada. Anche Artaban e la giovane madre si svegliarono, stentando a capire cosa succedesse. Lui la guardò e le lesse il terrore nei suoi occhi. Le fece immediatamente segno di nascondersi col bambino nell’angolo più scuro della stanza. Poi si mise dritto sulla porta della casa, occupandola interamente con le sue ampie spalle. Vennero i soldati dalla strada con mani e spade insanguinate, ma alla vista di quel nobile straniero dall’aspetto imponente esitarono sorpresi. Si avvicinò allora il capitano, ma Artaban non si mosse. Lo fissò negli occhi con un’espressione calma e determinata e per un attimo il soldato rimase ammutolito. “Io sono solo, qui, e darò questa gemma al prudente soldato che mi lascerà in pace”, mormorò Artaban a voce bassa e infilata la mno nella cintura gli mostrò un rubino scintillante. Con un rapido gesto il soldato tese la mano e prese il rubino. “Avanti – gridò ai suoi uomini – qui non c’è alcun bambino; in casa c’è solo questo straniero”. I soldati si dileguarono e il villaggio tornò tranquillo. Artaban rientrò nella casa, turbato per quanto era successo. “Dio di verità – pregò – perdonami, perché per salvare la vita di un bambino, ho detto il falso”. Ma la giovane mamma, ripresasi dallo spavento, gli mostrò tutta la sua gratitudine. “Possa il Signore benedirti e proteggerti, perché hai salvato la vita del mio bambino; il volto del Signore splenda su di te e ti sia benigno, perché quello che hai fatto oggi è cosa grande e degna di Lui”.

9 – BENEDIZIONE

10 – GALOPPA, SHALIMAR!
L’Egitto era una grande nazione. Artaban vi era giunto cavalcando senza sosta, attraversando i deserti, ma la stella divina che indicava il cammino non brillava più. Senza più la guida della stella, Artaban si aggirava nelle grandi città e nei piccoli villaggi, cercando di incontrare e parlare con le persone per ottenere qualche informazione. Ma nulla mai trapelava di quella famiglia fuggita da Betlemme. Veniva piuttosto a sapere di tante situazioni umane che non aveva mai immaginato stando nel Tempio della Luce o contemplando l’armonioso moto delle stelle: persone che soffrivano, che avevano bisogno di un aiuto, di una parola di conforto, di un cenno di solidarietà. Ogni volta si lasciava prendere dallo slancio istintivo di aiutare, di confortare, di fare un poco di bene. La generosità cresceva in lui, e non si risparmiava nell’aiutare i più deboli e bisognosi. Si rivolgeva ai poveri, ai malati e ai derelitti, e sempre chiedeva loro se avevano conosciuto o saputo di un nuovo Re; ma questi rispondevano chiedendo a loro volta un poco di pane o una parola di conforto. E Artaban donava, aiutava, e ogni tanto vendeva una perla della preziosa collana che gli era rimasta per donare il ricavato a chi ne aveva bisogno.
“Ve ne sono tante nella collana, non sarà grave se ne tolgo una…”
Non serve tenerla ne ho in sovrappiù…
E così, una perla alla volta, ad Artaban non rimase più nulla. Era diventato povero. Eppure, tutto quel prodigarsi gli procurava sorrisi, amicizie, riconoscenza che lo ripagavano di ogni fatica, di ogni delusione, di ogni sforzo.

11 – SE DONAR SAPRAI
Per diversi anni Artaban condusse questa vita, alla vana ricerca del Principe della Luce, lasciandosi sempre prendere dalle necessità delle persone bisognose. Viaggiò nei più diversi paesi, vagando per le assolate regioni dell’Arabia, le trafficate contrade della Siria, gli altipiani della Persia e le verdi vallate del Libano. Era ormai un povero vegliardo della chioma candida come la neve: erano passati più di trent’anni da quando aveva iniziato il suo viaggio, ma dentro di sé ancora sperava di incontrare un giorno il Re della Luce.
Stanco, logoro, con gli occhi appannati e ormai prossimo a morire, aveva saputo che un nuovo re era entrato trionfante in Gerusalemme. Con le poche forze rimaste, decise infine di recarsi nella città del tempio di Salomone. Ancora una volta mancò l’appuntamento: quando vi giunse, era da poco passata la Pasqua e regnava ovunque una gran confusione. Stranieri e figli d’Israele da molti giorni si accalcavano per la gran festa, e quando finalmente riuscì ad avere qualche informazione, seppe che quel re dei Giudei era stato arrestato, condannato a morte e immediatamente giustiziato. Artaban si sentì venir meno. Le forze lo abbandonarono e lo sconforto ebbe il sopravvento: disperato, affamato ed esausto, cadde prostrato all’angolo di un vicolo e perse i sensi.
Quando si riprese era disteso su un morbido letto in una piccola casa modesta, ma pulita e luminosa. Alcune donne lo assistevano amorevolmente.
“Dove sono?” chiese confuso. “In un luogo sicuro, non preoccupatevi”, rispose dolcemente una delle donne, mentre con un morbido panno gli tergeva la fronte. “Eravate svenuto per strada, vi abbiamo soccorso e portato qui. Rebecca ha visto il cerchio alato sul petto e vi ha riconosciuto. Dice che tanti anni fa a Betlemme avete salvato la vita di suo figlio. Mi chiamo Maria e questa è Maddalena. Cosa facevate qui a Gerusalemme?”.

12 – IL RE DELLA LUCE
La voce di Artaban si faceva sempre più flebile… “Il Re della Luce…è stato crocifisso…”
Con un morbido panno Maria gli tergeva la fronte sussurrando: il Re della Luce è vivo ed è già venuto a trovarci…  “Ma io non ho più doni…le gemme preziose…come potrò presentarmi a lui?”
“Quello che avete fatto agli ultimi dei miei fratelli, lo avete fatto a me” diceva sempre. I tuoi doni lui li ha ricevuti da tempo, e la Sua riconoscenza non avrà fine. Abbi pace, buon Artaban, perché incontrerai presto il Signore della Luce e della Vita”.
Maria non aveva finito di parlare che gli occhi di Artaban si erano chiusi dolcemente; il volto pallido si era illuminato di un impercettibile sorriso. Il respiro, prima affannoso, ora non si sentiva più. Il Quarto Magio aveva infine incontrato il suo Re.

13 – IL RIPOSO DI ARTABAN